Grandi personaggi
Almerico Da Schio (1836 - 1930)

Un ritratto di Almerico Da Schio Il conte Almerico da Schio nacque a Costozza di Longare il 25 novembre 1836. Scienziato e accademico, dotato di notevoli capacità e di una personalità vivace che lo portò ad essere sempre aperto al futuro, coltivò per tutta la vita molteplici interessi sia scientifici che letterari. Dopo aver studiato al seminario patriarcale di Venezia passò all'Università di Padova. Laureato in giurisprudenza nel 1860, dopo essere stato praticante nei tribunali di Padova e Venezia si dedicò agli studi di astronomia, meteorologia e aeronautica. Tra il 1858 e il 1860 fu assistente alla Specola astronomica di Padova e, dopo il 1865, direttore dell'Osservatorio e dell'ufficio meteorologico dell'Accademia Olimpica di Vicenza, che sotto la sua guida divenne il miglior centro di osservazione meteo di tutta la provincia (i suoi studi e le sue osservazioni sistematiche saranno poi utilizzate nel corso della prima guerra mondiale). Almerico Da Schio cominciò ad interessarsi all'aerostatica attorno al 1865 sostenendo gli studi e le ricerche del professor Pasquale Cordenons appassionato studioso delle problematiche del volo più leggero dell'aria che è uno dei precursori della progettazione e della costruzione dei dirigibili.


Il dirigibile di Almerico Da Schio (immagine tratta da 'Aerostati' di M.Majrani, Edizioni dell'Ambrosino) Dopo la morte del professor Cordenons e la rinuncia del figlio Federico, scoraggiato dalle difficoltà che avevano impedito al padre la realizzazione pratica dei suoi studi, Da Schio decise di proseguire da solo fondando l'"Associazione in partecipazione per la costruzione e l'eventuale esercizio della prima aeronave". Egli elaborò il progetto di un dirigibile, che battezzò "Italia" in contrapposizione al "France" di Charles Renard, e si impegnò nel suo sviluppo con una tenacia e una dedizione non comuni affrontando e superando ostacoli tecnici, difficoltà economiche ma anche scetticismo e critiche. Tra coloro che sostennero il conte Da Schio ci fu la regina Margherita che oltre a fornire sostegno finanziario dimostrò più volte pubblicamente la sua benevolenza e la sua stima per il progettista. Umberto I, invece, non avendo alcun interesse per il progresso scientifico e tecnologico, si limito ad inviare i propri auguri. Nonostante lo scetticismo del re il conte riuscirà ad ottenere l'appoggio della Brigata specialisti del Genio del Regio Esercito con cui aveva compiuto ascensioni in pallone nel corso delle sue osservazioni meteorologiche. Il maggiore Morise ed il tenente Crocco si mostreranno così interessati al suo progetto che il Ministero della Guerra deciderà di sostenere il progetto mettendo a disposizione il tenente Ettore Cianetti come consulente e pilota. Grazie ai mezzi del Genio militare sarà così possibile la costruzione dell'involucro e la produzione del gas per il gonfiaggio.

L'Aeronave Italia esce dal suo hangar I problemi che Da Schio dovette affrontare erano quelli di un paese ancora arretrato, con limitate potenzialità tecnologiche ed imprenditoriali e una mentalità generale poco incline alla novità. Per quanto fosse intraprendente e determinato egli non ignorava i limiti imposti dalla situazione italiana di quel periodo, ma a quelle difficoltà seppe opporre intelligenza, tenacia e forza di volontà. La ricerca dei materiali adatti alla costruzione del dirigibile, per esempio, ai primi del '900 era tutt'altro che facile. Ogni particolare doveva essere progettato ex-novo oppure doveva essere cercato senza la certezza di riuscire a reperirlo. Da Schio stabilì relazioni con ditte commerciali e industrie italiane ed estere e con vari importanti personaggi del mondo aeronautico tra cui Enrico Forlanini. C'era poi il problema del propulsore che allora costituiva il punto debole nella progettazione e nella costruzione dei dirigibili. Non potendo disporre di motori specifici era necessario adattare quelli automobilistici che erano però pesanti e poco affidabili. Da Schio anche in questo caso si mise in contatto con diverse fabbriche in Italia e in Europa alcune delle quali non furono in grado di fornirgli quanto richiesto mentre altre lo tennero sulla corda promettendogli che avrebbero fatto tutto il possibile senza però precisare in quanto tempo. Alla fine egli dovette ricorrere a un piccolo motore francese Buchet in grado di erogare circa 8 CV. Per il suo secondo dirigibile che volerà nel 1909 monterà invece uno SPA da 35-40 CV dunque più potente ma assai poco affidabile.

Nel 1905 Almerico Da Schio, dopo aver superato, come abbiamo detto, difficoltà tecniche, delusioni, impegni finanziari ingenti, scetticismi e problemi di tutti i tipi, riuscì finalmente a portare a termine la costruzione del primo dirigibile italiano. Dopo controlli e prove di vario tipo, l'11 giugno fu completata la fase di gonfiamento dell'involucro. Nei giorni seguenti l'aeronave "Italia" uscì dal suo hangar posto presso la fattoria Caussa di Schio ed effettuò ulteriori prove di galleggiamento e di bilanciamento. Il 17 giugno 1905, dopo gli ultimi controlli, venne avviato il motore e l'aeronave, una volta mollati gli ormeggi, compì il suo primo volo, così tanto atteso e agognato. L'aeronave compì altri voli il 21, 27, 28 giugno e il 1 luglio. Scrisse un giornalista entusiasta nelle cronache di quei giorni: "Nelle fabbriche per incanto si arrestò ogni movimento: gli operai giubilando uscirono all'aperto per ammirare il miracolo; trepidanti gli ammalati si fecero portare alle finestre ed una sera che il conte da Schio tornava da Vicenza festanti le autorità, plaudente il popolo accorsero ad accoglierlo; le donne seminarono le vie di fiori".

L'Aeronave Italia sul campo di decollo L'aeronave "Italia" era il dirigibile più evoluto mai costruito fino a quel momento. Presentava due importanti innovazioni che Almerico da Schio aveva ideato fin dal 1885: la carena contrattile, o elastica, del dirigibile e gli aeropiani. La carena contrattile era costituita da diverse lamine di gomma a più strati applicate nella parte inferiore dell'involucro per tutta la sua lunghezza. Questa soluzione semplice ed innovativa consentiva di fare a meno dei complessi apparati utilizzati negli altri dirigibili per compensare le variazioni di pressione dell'involucro dovute al mutare della quota di volo. Con questa geniale innovazione l'"Italia" poteva mantenere in tensione l'involucro lasciando immutata la forma fusiforme e offrendo così anche una minore resistenza all'aria con un notevole risparmio di idrogeno. L'altra sua grande invenzione furono i cosiddetti aeropiani, costituiti da due superifici orizzontali in legno e tela, montate trasversalmente a poppa e a prua della navicella. La loro funzione era quella di contrastare il beccheggio dell'aeronave favorendone i movimenti di salita e discesa. I timoni di profondità ideati da Almerico Da Schio, che decise di non brevettarli, verranno adottati in seguito da tutti i costruttori di dirigibili.

Con alcune modifiche l'aeronave "Italia" volò ancora. In seguito, però, a causa della guerra e degli enormi costi del progetto, Da Schio deciderà di sciogliere la società. Molti anni dopo, a seguito dei vari incidenti legati ai dirigibili avvenuti nel mondo (il più famoso dei quali fu il disastro del tedesco "Hindemburg"), il conte si convincerà che il futuro del volo era dell'aeroplano. Questa convinzione, per altro, l'aveva già espressa molti anni prima, nel 1889, in un discorso tenuto all' Accadenia Olimpica di Vicenza. Intuendo che gli aerostati erano solo il primo passo del volo umano, in quell'occasione disse: "Di mano in mano che la meccanica progredirà, dandoci motori leggeri e forti, abbandoneremo mano mano il pallone, accostandoci al cosiddetto aeroplano che, procedendo rapido come fa il cervo volante o l'uccello ad ali tese, salirà, scenderà, si sosterrà in volo per l'impulso proprio e per reazione dell'aria sottostante".

Almerico Da Schio davanti alla sua Aeronave Italia Allo stesso tempo umanista e scienziato Almerico Da Schio impersonò lo spirito positivista del periodo a cavallo tra Ottocento e Novecento. Da studente a Padova come molti altri suoi coetanei si entusiasmò per le guerre d'indipendenza, lottò per l'unità d'Italia e compì anche alcune azioni contro gli austriaci. Da adulto, oltre che vice presidente del Consiglio Provinciale, diventò consigliere comunale ed assessore nei comuni di Schio e Vicenza contribuendo alla progettazione ed alla realizzazione con tecniche innovative degli acquedotti delle due città. Fu presidente dell'Accademia Olimpica di Vicenza dal 1895 fino alla morte; membro effettivo del Regio Istituto Veneto di Scienze, lettere ed arti e dell'Ateneo di Venezia, fece parte della Società Veneto-Tridentina di Scienze Naturali, della Società Geografica Italiana e di accademie italiane ed estere. Grande appassionato di montagna fu anche il primo presidente della sezione vicentina del Club Alpino Italiano. Morì a Vicenza il 30 novembre 1930.


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